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Saturday, December 9, 2017

L'Albania ordina ai petrolieri di Cina e Canada di risarcire i danni dai terremoti da fracking

















La piccola e silenziosa Albania ci da una grande lezione di ambiente e di vivere civile.

Ricevere informazioni da Tirana non e' facile: il paese e' isolato, le informazioni rare, e le barriere linguistiche difficili da superare, anche nei tempi di internet. Tutto quello che scrivo qui arriva un po' dalla stampa anglosassone (Reuters), un po dalla stampa Albanese in inglese, un po dalle traduzioni da google e sopratutto dai gruppi Facebook di attivisti anti-fracking in Europa.  Un grande grazie alla mia amica Francoise Lienhard che mi ha inviato quasi tutto questo materiale.

Il preambolo della faccenda e' che si trova in Albania il piu' grande campo petrolifero d'Europa su terraferma. Si chiama Patos Marinza ed e' nei pressi della citta' di Fier. Ci sono qui 30 villaggi minori e 1370 pozzi di petrolio. Di questi villaggi, uno dei piu grandi e' quello di Zharrez.

Dal 2004 fino a poco tempo il campo di petrolio di Patos Marinza e' stato gestito da una ditta Canadese, la Bankers Petroleum. Nel 2016 questa ditta e' stata venduta ai cinesi della Geo-Jade Petroleum.

Fra le varie accuse alla Bankers Petroleum prima della vendita ai cinesi quella di avere sottostimato gli incassi dal petrolio  del 50% per evitare di pagare le tasse al governo di Tirana.  Nel corso degli anni anche una serie di multe per la mancata protezione dell'ambiente.

Un preambolo secondario e' che l'area di Fier, e' anche dove si concentra la produzione agricola del paese: un terzo della produzione di ortaggi arriva da qui. Meloni, fagioli, grano, olive, mais e agrumi.  Vivono qui circa 300mila persone, circa il 10% della popolazione del paese.

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La nostra storia parte da Zharrez, il villaggio piu' grande di Patos Matinza.

Nel 2008 la Bankers Petroleum inizia a usare fracking in un area gia' fortemente compromessa da un punto di vista ambientale.

L'acqua diventa imbevibile, l'agricoltura soffre, iniziano i terremoti e gli scoppi.

Tutto come da copione.

Nel 2013 tre terremoti di magnitudo 4 della scala Richter.

Nel 2015 scoppi durante la trivellazione di nuovi pozzi di petrolio.

Ci si ferma per un po, il governo promette di indagare, ma non se ne fa e non se ne sa quasi niente. La Bankers Petroleum riprende a trivellare.

E riprendono pure i terremoti.

Secondo l'Istituto Albanese per la Sismologia, fra il Settembre ed il Novembre del 2016 ci sono sati circa 2700 terremoti a Zharrez.

Piu' di 30 al giorno.

La gente inizia a vedere crepe nei muri, i tetti iniziano a cedere e la paura inizia a crescere.

Qui c'e' un video su Facebook, in Albanese, con intervista ai residenti.

Qui invece un video con i danni causati alla scuola "Sotir Capo" nella vicina citta di Fier (Sotir Capo era un artista albanese emigrato a Filadelfia).

I residenti hanno iniziato a lamentarsi dei danni dovuti alle trivelle e al fracking gia' dal 2009, ma nessuno li ha ascoltati.  Sono sorte piccole associazioni locali, una delle quali detta Nisma Thurje che fra l'altro e' la stessa che ha postato tutti i video di cui sopra, e a seguire.

In tutti questi anni, ogni volta che arrivava un terremoto nei pressi di Fier, la Bankers Petroleum insisteva che si trattava di un terremoto naturale. 

Il governo non aveva granche' da commentare. Ma ovviamente data la gran frequenza delle scosse, mai vista prima, i residenti non hanno creduto alla "normalita'" di questi eventi.

Isolati o no, anche in Albania sapevano cosa fosse il fracking.

E cosi le proteste e le documentazioni sono continuate, a persistere negli anni.

Il giorno 18 Dicembre 2016 un forte boato. E' l'ennesimo terremoto di magnitudo 4 ed e' anche la goccia che fa traboccare il vaso.

I residenti decidono di mettere su uno sciopero della fame documentato in questo link di Facebook. A parte qualche pubblicazione locale, la stampa ufficiale del paese non ne ha parlato tanto, ne' dello sciopero della fame, ne' tantomeno delle proteste precedenti, ma gli attivisti hanno continuato e grazie a Facebook, almeno internamente in Albania si inizia a diffondere coscienza.

Ci si inizia ad organizzare anche per bloccare le strade di accesso ai campi petroliferi.

Dopo circa una settimana alcuni rappresentanti governativi visitano gli attivisti, che continuano a chiedere soluzioni ad inquinamento e terremoti da petrolio nelle loro case.

Qui altri filmati dello sciopero della fame della fine del 2016.

Finalmente il governo promette di intervenire per trovare soluzioni concrete.

Ma tutto il mondo e' paese anche in Albania e di tante promesse non resta niente. I cittadini decidono di partire con un altro sciopero della fame, nel Febbraio del 2017. Nonostante il silenzio dei media ufficiali, le informazioni circolano, e il numero di protestanti aumenta. Anche i ragazzi cercano di mostrare solidarieta' con i protestanti.

Finalmente arriva l'ora di cambiare tattica. Non piu' sciopero della fame. Il messaggio deve arrivare dritto dritto ai politici.  E cosi si decide di marciare tutti assieme verso Tirana. A 126 chilometri di distanza. Partono in 40. L'obiettivo e' di

1. Far vietare il fracking in Albania
2. Chiedere compensazione per i danni subiti
3. Ripristino ambientale.

Si parte il 22 Febbraio 2017 come documentato da questo video. Per la strada tanta solidarieta' ed affetto con la gente che marcia accolta con cibo, acqua, coperte e applausi dai villaggi circostanti. Alcuni video dell'accoglienza sono qui, e ancora qui, e poi ancora qui e finalmente qui. 

Chi era troppo stanco, o debilitato dallo sciopero della fame e' stato trasportato in sedie a rotelle da altri attivisti che si sono aggiunti strada facendo.  

Non e' mancata la pressione da parte della polizia di desistere. Addirittura la direttrice della scuola Sotir Capo minaccia di espellere i bambini i cui genitori erano coinvolti nella marcia. Ma loro sono andati avanti. Anzi hanno chiesto ai politici di marciare con loro in solidarieta'.

Questo il loro manifesto: 
Declaration of the marchers
  1. The police in Fier is putting pressure on the family of the marchers by asking them that we stop the march.
  2. Mirjeta Nasto, director of the Sotir Çapo school in Zharrëz threatens the children of the marchers with expulsion from school.
  3. The Ministry of Energy lies about the evaluations. No evaluation whatsoever has been done. The houses (not all of them) have been photographed from the outside and that’s all. The Ministry has no idea at all about the damage to each specific house. We challenge them to make their “evaluations” public.
  4. The Prime Minister, Deputy Prime Minister, Miniser of Energy, etc. are invited to come to Kavaja, or to join us on the road to Tirana and to tell us the solution they have found. If they don’t, this means there is no solution.
  5. Our march is not the property of any party. We march only and alone for our houses.
The march will continue until we have a solution. If there isn’t, we will get down in Tirana and won’t move an inch alive until we have won our right. We don’t owe our houses to any party, we have built them with our blood and sweat.
We will no longer bow down!



Finalmente il governo cede ed accetta di venire incontro ai protestanti, ed accetta di vietare il fracking nel paese. La Bankers Petroleum rimborsera' tutti i danni causati ai residenti che celebrano sulle strade di Tirana. 

Era il Marzo del 2017.

La Bankers Petroleum ovviamente non ci sta e dice che sebbene smettera' di pompare fluidi ad alta pressione a Patoz Marinza, prima di risarcire i residenti deve eseguire "studi" approfonditi.

Il giorno 5 Giugno 2017 la folla e' tornata a protestare di nuovo in occasione delle elezioni locali, chiedendo ancora di essere compensati per le case distrutte dal fracking, interrompendo la campagna elettorale per il rinnovo del parlamento. 

Non si sa come andra' a finire.  

Per ora, durante l'Ottobre del 2017 la Bankers Petroleum, bonta' loro, ha deciso di piantare alberi in dieci ettari di terreno a Patos Marinza.

Ma comunque vada a finire, onore ai 40 che hanno camminato fino a Tirana, da soli, spinti sulle sedie a rotelle, sotto il freddo, per esigere che i loro diritti venissero rispettati.

Onore a loro.


 



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