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Thursday, August 4, 2016

Canada: il Saskatchewan e i 250,000 litri di petrolio nel fiume






Il giorno 20 Luglio 2016, due settimane fa, un oleodotto della Husky Energy ha risputato 250,000 litri di petrolio pesante e diluenti vari nel North Saskatchewan River presso la citta' di Maidstone, nello stato canadese del Saskatchewan.

E' uno stato dal nome difficile questo, il Saskatchewan, nel centro del Canada, piu' ad ovest di Toronto. Rarissimamente accadono qui eventi che finiscono sulla stampa internazionale. Niente paura. Questa volta e' il petrolio a farlo.

Grazie a questi 250,000 litri nel fiume, due citta' -- North Battleford and Prince Albert -- hanno dovuto chiudere i loro sistemi idrici, la comunita' indigena Muskoday ha dovuto dicharare lo stato di emergenza, i corpi di vari uccelli sono stati ricoperti di petrolio, di cui 14 morti.

In tutto questo il comportamento della Husky Energy, e' stato a dir poco vergognoso.

L'oleodotto in questione era nuovo di zecca. Durante la fase di costruzione e di approvazione, partita nel 2014, si decise che l'impatto di valutazione ambientale non serviva. L'impatto ambientale. Un dettaglio insignificante, vero? Anzi, il ministro del Saskatchewan del commercio ha apertamente detto che tutti questi controlli ambientali pongono "troppi ostacoli" per i petrolieri.

Tutto bene allora. Finche' non si decide di partire.

E infatti il 20 Luglio l'oleodotto parte. 23 chilometri snelli e pacifici di petrolio di scarsa qualita' che dalle lande desolate del Canada petrolifero deve essere portato alla centrale di Lloydminster. Qui verra' trattato e reso piu' scorrevole, meno denso.

Alle otto di mattina arrivano le "anomalie di pressione".

La Husky rassicura che non e' colpa dell'inaugurando oleodotto, quanto di una sezione vecchia del 1997. Ne siamo sicuri? E se magari il nuovo tratto ha cambiato gli equilibri dell'oleodotto vecchio? Magari se ci fosse stata la valutazione ambientale qualche domanda in piu' se la sarebbero fatto, no? Magari avrebbero preso qualche precauzione in piu'? 

Intanto quelli della Husky Energy mandano alle autorita' un rapporto in cui dicono che e' tutto sotto controllo. La sera finalmente mandano un gruppo di uomini a perlustrare ma, di nuovo, e' tuttapposto. Non ci sono perdite, tutto e' tranquillo, e  tutti a letto.

Il petrolio continua a scorrere.

La mattina dopo, 21 Luglio, finalmente ci si rende conto che qualcosa non va. Si decide finalmente di arrestare il flusso di greggio, e la Husky manda una notifica al governo regionale del Saskatchewan. Ma dicono che e' solo poco poco, che era solo un piccolo e trascurabile incidente di percorso e che non e' niente in confronto all'enormita' del petrolio trasportato in tutto il Canada.

Si ma vaglielo a dire a chi vive li!

Interessante che invece di dire che erano piu di 24 ore che il petrolio scorreva, hanno detto che l'inizio delle perdite e' stato mezz'ora prima del loro comunicato.

Intanto, le comunita' lungo il fiume e la Husky stessa decidono di organizzarsi per contenere il petrolio. Pian piano e' arrivato nel fiume.


Il fiume e' ora annerito e si vedono scie nere sulla superficie dell'acqua lungo il North Saskatchewan River.

Interviene anche il governatore dello stato, Brad Wall, che invece che condannare o chiedere migliori dettagli sulla situazione dice: "beh, se invece che essere trasportato lungo l'oleodotto il petrolio fosse stato mandato su rotaia sarebbe stato peggio."

Come dire: consoliamoci. 

Gli fa eco il governatore dello stato confinante, Rachel Notley, dell'Alberta che ricorda pure lei che gli oleodotto sono i sistemi di trasporto piu sicuri in assoluto.

E quindi? 

Cosa facciamo ci trastulliamo? E allora perche' questo oleodotto ha ceduto? Perche' non hanno chiesto migliori spiegazioni sull'accaduto? Hanno qualche commento da fare sulla Husky Energy?

Intanto il petrolio continua a camminare lungo la riva del fiume. 

Per 500 chilometri. 

Nessuno sa come fermarlo. 
Viene fuori che non solo l'autorizzazione ambientale non era stata mai eseguita per i 23 chilometri del nuovo oleodotto, ma che il governo del Saskatchewan aveva appena tagliato i fondi per la manutezione e per i controlli degli oleodotti! In piu' tutti i documenti esistenti sui controlli sono su carta e non elettronici e quindi e' stato difficile per gli uffici competenenti passarsi informazione in tempi rapidi.


Quindi, niente controlli, niente valutazioni ambientali, 24 ore di ritardo, sistemi di comunicazione arretrati. Il civilissimo Canada!

Ovviamente anche qui la petrol-stampa si e' sbizzarrita nel difendere la Husky, gli oleodotti, e nel dire che adesso tutto migliorera', e addirittura che gli ambientalisti che denunciano queste cose sono degli "opportunisti" che vivono solo grazie "agli errori" dei petrolieri.

Cioe' si l'incidente c'e', ma e' sempre tuttapposto, temporaneo, facile e la colpa e' sempre dei cattivissimi ambientalisti.


Mentre loro parlano e scrivono e' chi vive li che deve combattere con il fiume al petrolio. Prima di tutte le comunita' di indiani che ancora cercano di vivere una vita tradizionale con pesca e trasporto fluviale. Non si sa quanto greggio sia finito nei sedimenti. Nelle citta' di North Battleford e Prince Albert si parla di mesi di attesa prima che il sistema idrico torni alla normalita'.

E' sempre lo stesso copione: il business prima di tutto. Quando arrivano non se ne vanno piu'. Occorre fermarli prima.


But we are supposed to trust that pipeline companies will do it better next time.
And that’s maybe the greatest irony. In the days after the spill, industry defenders argued that the spill was tiny. Equivalent to one-tenth of an Olympic size swimming pool. Just a blip on the radar of the amount of oil that’s safely transported across the continent every day.
Yet Husky hasn’t been able to contain it; in fact, it’s completely flubbed the task, instead attempting to spread misinformation about when the spill actually happened.
The provincial government has delivered no meaningful public response besides an assurance that pipelines are better than rail for transporting oil. And as usual, Indigenous communities — many of whose members continue to rely on the land and waters for sustenance — are bearing the brunt of the damages.

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